C’era una domanda. Sullo scrivere, e sul vivere.

La domanda era se sono come scrivo, o come vivo. Se ne parlava qualche tempo fa con il mio amico A. Lui ha risposto così.

Sappiamo che non è possibile osservare un fenomeno senza perturbarlo/modificarlo, ed una delle grandi differenze tra il mondo in cui scrivo e il mondo in cui vivo è la presenza di altri umani, potenzialmente osservatori, che dunque mi perturbano/modificano. Sono, siete, siamo l’uno per l’altro un dispositivo automatico di perturbazione. Ci sono tante altre differenze, ovviamente – quando scrivo posso cambiare pelle e tuffarmi da trampolini di venti metri, ad esempio.

H. ed io si stava guardando un film. All’improvviso ricordai che lui era lì, accanto a me, e dunque capii con enorme stranezza di averlo completamente dimenticato per alcuni minuti. Durante quei minuti avevo vissuto ed agito pensando di essere sola. Quasi come quando scrivo. Bè, adesso, ecco, H. era di poche parole. Di fronte al mio esaltato stupore sorrise, mi fece una carezza e cowboyzzò. E la cosa finì lì. Easy. Son passati anni, e spero che mi succeda ancora, qualche altra volta, prima che finisca il tempo. Sì, io sono quella che scrive, quella che vive è un’altra, perturbata dunque vestita. Sarà per quello, che a momenti mi sembra di non voler altro dalla vita: scrivere, e magari anche amare qualcuno così tanto da poterlo, a(t)tratti, dimenticare. Vita da nudi.

Il sole berlinese sta scaldando il mio braccio sinistro. Sono seduta al mio nuovo tavolo, sul quale c’è già un po’ di pane, un ricordo, e altre tracce. Il mondo tutt’intorno, come quasi sempre.

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